Profumo di nuovo
spettacolo teatrale di e con Mimmo Fornaro
Respira… e tutto ti sembrerà diverso…
Quanti ricordi, quanta nostalgia, quante cose vere prima dimenticate ed ora rievocate, in questo “Profumo di nuovo”…
Taranto degli anni ’60, a suo modo “povera” ma dignitosa. Lavorava solo un genitore allora e il suo stipendio bastava a tutta la famiglia. I vestiti passavano da un figlio all’altro e a provvedere ad aggiustarli c’era la mamma, seduta alla macchina da cucire, che lavorava nei ritagli di tempo, attorniata da una nidiata di piccoli di tutte le età. La scarsezza di mezzi per la maggior parte delle famiglie era la normalità e questo livellava il senso dell’appartenenza ad una società in cui godere di uno stipendio fisso era già un’opportunità non trascurabile.
Pane e olio e sale. Il profumo di quel pane…Antichi odori e sapori di una volta che possono tornare ad essere annusati e assaporati ancora al solo chiudere gli occhi.
Un salto nel passato. Un passato non ancora remoto, per tracciare l’evoluzione di una società che ha imparato a scandire il tempo più velocemente.
Prima del 1969 il tempo era una giostra che girava l e n t a m e n t e… Dopo, anche dire "1970" ha assunto un altro suono, un’altra vibrazione, una diversa e meno efficace pienezza.
Taranto, una città del sud Italia, amata e detestata dagli stessi tarantini, maledetta e sfortunata, vive in “Profumo di nuovo” di Mimmo Fornaro un excursus impastato di nostalgia e di rimpianto. Tutto viene letto attraverso i suoi ricordi legati alla famiglia d’origine: sua madre, suo padre, i due fratellini, uno più grande, l’altro più piccolo.
A quegli anni risale il passaggio da una città - le cui fonti di sostentamento erano prevalentemente l’Arsenale, la ferrovia, i cantieri Tosi - a una città industrializzata grazie all’arrivo dell’Italsider.
Mimmo Fornaro gioca con la voce e coi ricordi. Alterna momenti di narrazione nostalgica, sul filo dell’emozione di ricordi vividi, a momenti di gioco con l’utilizzo di frasi od espressioni in dialetto, gridate, sparate, inseguite in un ritmo frenetico, ad ancora momenti musicali di grande incisività.
Non si può non riconoscergli di essere riuscito, con questo lavoro, a divertire, a saziare l’anima, a far in modo che chi lo ha ascoltato, seguito, esaminato, assaporato, incitato, applaudito, si sia completamente immedesimato in ciò che ascoltava e vedeva lì sul palco.
Erano solo in due. Lorenzo Semeraro alla tastiera, ad introdurre, sottolineare, staccare e riprendere musicalmente le parole del monologo assecondandone il ritmo. E Mimmo che, sotto luci che si abbassavano lasciandolo in ombra o si riaccendevano focalizzandone la centralità sulla scena, impersonava ora se stesso, ora la madre, il padre, il fratello, lo zio Vittorio, i due dell’Italsider…
Uno spaccato di vita familiare che fa rivivere, a chi faccia da spettatore, un passato da protagonista. Chiunque, seduto di fronte a quel palco, sente uno o dieci o cento episodi vibrargli dentro come propri, come vissuti almeno una volta sulla propria pelle.Il sorriso del padre. La preoccupazione della madre. La generosità senza condizioni. Il senso di dignità e di rispetto...
Respiro…
Respiro…
Respiro…
…e vengo con te, per le strade della città vecchia… davanti al televisore che trasmette l’atterraggio del primo uomo sulla luna…il benessere degli italsiderini con stipendi da favola…la polvere rossa che entra nei polmoni e uccide lentamente…la coscienza che subentra ancora più lentamente…
…e mi commuovo… come te che lo hai scritto, come te che lo hai vissuto, come te che lo hai rappresentato, come te che ce lo hai donato…
(25 gennaio 2009)
Respira… e tutto ti sembrerà diverso…
Quanti ricordi, quanta nostalgia, quante cose vere prima dimenticate ed ora rievocate, in questo “Profumo di nuovo”…
Taranto degli anni ’60, a suo modo “povera” ma dignitosa. Lavorava solo un genitore allora e il suo stipendio bastava a tutta la famiglia. I vestiti passavano da un figlio all’altro e a provvedere ad aggiustarli c’era la mamma, seduta alla macchina da cucire, che lavorava nei ritagli di tempo, attorniata da una nidiata di piccoli di tutte le età. La scarsezza di mezzi per la maggior parte delle famiglie era la normalità e questo livellava il senso dell’appartenenza ad una società in cui godere di uno stipendio fisso era già un’opportunità non trascurabile.
Pane e olio e sale. Il profumo di quel pane…Antichi odori e sapori di una volta che possono tornare ad essere annusati e assaporati ancora al solo chiudere gli occhi.
Un salto nel passato. Un passato non ancora remoto, per tracciare l’evoluzione di una società che ha imparato a scandire il tempo più velocemente.
Prima del 1969 il tempo era una giostra che girava l e n t a m e n t e… Dopo, anche dire "1970" ha assunto un altro suono, un’altra vibrazione, una diversa e meno efficace pienezza.
Taranto, una città del sud Italia, amata e detestata dagli stessi tarantini, maledetta e sfortunata, vive in “Profumo di nuovo” di Mimmo Fornaro un excursus impastato di nostalgia e di rimpianto. Tutto viene letto attraverso i suoi ricordi legati alla famiglia d’origine: sua madre, suo padre, i due fratellini, uno più grande, l’altro più piccolo.
A quegli anni risale il passaggio da una città - le cui fonti di sostentamento erano prevalentemente l’Arsenale, la ferrovia, i cantieri Tosi - a una città industrializzata grazie all’arrivo dell’Italsider.
Mimmo Fornaro gioca con la voce e coi ricordi. Alterna momenti di narrazione nostalgica, sul filo dell’emozione di ricordi vividi, a momenti di gioco con l’utilizzo di frasi od espressioni in dialetto, gridate, sparate, inseguite in un ritmo frenetico, ad ancora momenti musicali di grande incisività.
Non si può non riconoscergli di essere riuscito, con questo lavoro, a divertire, a saziare l’anima, a far in modo che chi lo ha ascoltato, seguito, esaminato, assaporato, incitato, applaudito, si sia completamente immedesimato in ciò che ascoltava e vedeva lì sul palco.
Erano solo in due. Lorenzo Semeraro alla tastiera, ad introdurre, sottolineare, staccare e riprendere musicalmente le parole del monologo assecondandone il ritmo. E Mimmo che, sotto luci che si abbassavano lasciandolo in ombra o si riaccendevano focalizzandone la centralità sulla scena, impersonava ora se stesso, ora la madre, il padre, il fratello, lo zio Vittorio, i due dell’Italsider…
Uno spaccato di vita familiare che fa rivivere, a chi faccia da spettatore, un passato da protagonista. Chiunque, seduto di fronte a quel palco, sente uno o dieci o cento episodi vibrargli dentro come propri, come vissuti almeno una volta sulla propria pelle.Il sorriso del padre. La preoccupazione della madre. La generosità senza condizioni. Il senso di dignità e di rispetto...
Respiro…
Respiro…
Respiro…
…e vengo con te, per le strade della città vecchia… davanti al televisore che trasmette l’atterraggio del primo uomo sulla luna…il benessere degli italsiderini con stipendi da favola…la polvere rossa che entra nei polmoni e uccide lentamente…la coscienza che subentra ancora più lentamente…
…e mi commuovo… come te che lo hai scritto, come te che lo hai vissuto, come te che lo hai rappresentato, come te che ce lo hai donato…
(25 gennaio 2009)
Letto a due piazze
Spettacolo teatrale di e con Fabiano Marti, accompagnato in scena da Mauro Pulpito.
A chi cerchi un’analogia, un’assonanza con “Letto a tre piazze” di Totò e Peppino De Filippo… spiacenti, ma la trama è lontana mille miglia. A chi pensi che la celebre coppia possa, in qualche modo aver fatto da modello alla coppia Fabiano Marti- Mauro Pulpito…mmmmm… potrebbe anche essere…. Ma di coppie celebri e brillanti, invero, ce ne sono assai… da Stanlio e Ollio, Gianni e Pinotto, Jerry Lewis e Dean Martin, Vianello e Tognazzi, Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, Cochi e Renato, Jack Lemmon e Walter Matthau e chissà quante altre, che hanno in comune di essere costituite dal “dritto”, furbo, scafato, intrallazzatore e dal “fesso”, bonaccione, tenerone.
Ebbene sembra che ieri sera, presso l’Auditorium Paolo VI - Parrocchia Spirito Santo a Taranto, sia nata una nuova coppia sicuramente brillante che con ogni probabilità diventerà anche celebre.
Lo scafato “Mario Pulpo” (Mauro Pulpito) tiene la scena in modo sicuro, sapiente, come se non avesse fatto altro che recitare dalla nascita ( e , invece, a quanto pare è alla sua prima esperienza d’attore). Il bacchettone “Fabio Martini” (Fabiano Marti), se non lo si conoscesse diversamente ( brillante, spiritoso, decisamente capace), per come si mostra da quando esordisce telefonando a “mammina” a quando piange disperato perché Giulia lo ha lasciato, darebbe l’idea di essere imbranato dalla nascita. Con quella vocina da bambino non cresciuto e quella risatina intraducibile da un aggettivo conosciuto, buono, generoso, biondo, paffuto, capace di non capire NULLA o di capire l’esatto contrario di quel che dovrebbe, Fabio fa in modo che ci si chieda come sia possibile che esista qualcuno così tanto imbecille. E, infatti, si spera che non esista nella realtà qualcuno che eguagli la dabbenaggine di questo coccoloso che, alla fine, non si sa come riesca a superare il suo primo esame di Giurisprudenza (dopo dieci anni di fuori-corso), nonostante le strampalate lezioni di Mario sul “Diritto Costituzionale” e sul “Consiglio dei Ministri”.
Le “trovate” a volte geniali, a volte puerili, si susseguono con ritmo incalzante, provocando risate continue nel pubblico che – si capisce – ha voglia di leggerezza, di divertimento, di battute elementari, tutto giocato su d una serie infinita di equivoci e di parossistiche situazioni che suscitano ilarità.
Bravi. Veramente bravi. Non si sono “persi” una sola volta, non hanno mancato una sola battuta, non hanno lasciato tempo alle mandibole di rilassarsi e alla mente di seguire un flusso di pensieri “normale”.
Bravo Fabiano, autore del lavoro e regista oltre che attore incartato, ingessato e bacchettato per due ore consecutive, con una convinzione che non è da tutti. (18 gennaio 2009)
A chi cerchi un’analogia, un’assonanza con “Letto a tre piazze” di Totò e Peppino De Filippo… spiacenti, ma la trama è lontana mille miglia. A chi pensi che la celebre coppia possa, in qualche modo aver fatto da modello alla coppia Fabiano Marti- Mauro Pulpito…mmmmm… potrebbe anche essere…. Ma di coppie celebri e brillanti, invero, ce ne sono assai… da Stanlio e Ollio, Gianni e Pinotto, Jerry Lewis e Dean Martin, Vianello e Tognazzi, Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, Cochi e Renato, Jack Lemmon e Walter Matthau e chissà quante altre, che hanno in comune di essere costituite dal “dritto”, furbo, scafato, intrallazzatore e dal “fesso”, bonaccione, tenerone.
Ebbene sembra che ieri sera, presso l’Auditorium Paolo VI - Parrocchia Spirito Santo a Taranto, sia nata una nuova coppia sicuramente brillante che con ogni probabilità diventerà anche celebre.
Lo scafato “Mario Pulpo” (Mauro Pulpito) tiene la scena in modo sicuro, sapiente, come se non avesse fatto altro che recitare dalla nascita ( e , invece, a quanto pare è alla sua prima esperienza d’attore). Il bacchettone “Fabio Martini” (Fabiano Marti), se non lo si conoscesse diversamente ( brillante, spiritoso, decisamente capace), per come si mostra da quando esordisce telefonando a “mammina” a quando piange disperato perché Giulia lo ha lasciato, darebbe l’idea di essere imbranato dalla nascita. Con quella vocina da bambino non cresciuto e quella risatina intraducibile da un aggettivo conosciuto, buono, generoso, biondo, paffuto, capace di non capire NULLA o di capire l’esatto contrario di quel che dovrebbe, Fabio fa in modo che ci si chieda come sia possibile che esista qualcuno così tanto imbecille. E, infatti, si spera che non esista nella realtà qualcuno che eguagli la dabbenaggine di questo coccoloso che, alla fine, non si sa come riesca a superare il suo primo esame di Giurisprudenza (dopo dieci anni di fuori-corso), nonostante le strampalate lezioni di Mario sul “Diritto Costituzionale” e sul “Consiglio dei Ministri”.
Le “trovate” a volte geniali, a volte puerili, si susseguono con ritmo incalzante, provocando risate continue nel pubblico che – si capisce – ha voglia di leggerezza, di divertimento, di battute elementari, tutto giocato su d una serie infinita di equivoci e di parossistiche situazioni che suscitano ilarità.
Bravi. Veramente bravi. Non si sono “persi” una sola volta, non hanno mancato una sola battuta, non hanno lasciato tempo alle mandibole di rilassarsi e alla mente di seguire un flusso di pensieri “normale”.
Bravo Fabiano, autore del lavoro e regista oltre che attore incartato, ingessato e bacchettato per due ore consecutive, con una convinzione che non è da tutti. (18 gennaio 2009)
Ciao Daniele...
Lo avevo conosciuto all'Ipogeo dei miei amici Marcello ed Ivana... si era esibito in uno spettacolo pirotecnico in cui aveva alternato musica e parole, italiano e tarantino, amore per la sua terra e
critica feroce...
era il 21 giugno 2008...
doveva tornare a Taranto a riproporre lo stesso spettacolo "Nato a Taranto" e lo avrebbero visto in tanti che non lo conoscevano ancora.... e lo avrebbero rivisto altrettanti che lo avevano già visto, conosciuto e apprezzato...
il 16 luglio, invece, ha fatto un incidente con a moto... un camion non gli ha lasciato scampo e a soli 32 anni se n'è andato lasciandoci senza parole...
tanti sono i ragazzi che perdono la vita sulle strade... ma quando si tratta di qualcuno che hai conosciuto, al quale hai stretto la mano, che hai sentito recitare e cantare e mimare e parlare col cuore della sua città che è anche la tua città, continui a sentirne la voce, il calore della mano,a vederne il sorriso, gli occhi vispi, i capelli nerissimi, la saloppette e la maglietta bianca, i piedi nudi... e stenti a credere che non lo rivedrai più in questa vita...
(19 luglio 2008)
critica feroce...
era il 21 giugno 2008...
doveva tornare a Taranto a riproporre lo stesso spettacolo "Nato a Taranto" e lo avrebbero visto in tanti che non lo conoscevano ancora.... e lo avrebbero rivisto altrettanti che lo avevano già visto, conosciuto e apprezzato...
il 16 luglio, invece, ha fatto un incidente con a moto... un camion non gli ha lasciato scampo e a soli 32 anni se n'è andato lasciandoci senza parole...
tanti sono i ragazzi che perdono la vita sulle strade... ma quando si tratta di qualcuno che hai conosciuto, al quale hai stretto la mano, che hai sentito recitare e cantare e mimare e parlare col cuore della sua città che è anche la tua città, continui a sentirne la voce, il calore della mano,a vederne il sorriso, gli occhi vispi, i capelli nerissimi, la saloppette e la maglietta bianca, i piedi nudi... e stenti a credere che non lo rivedrai più in questa vita...
(19 luglio 2008)
Serata a 78 giri
Spettacolo di musica e parole di e con Francesco Greco.
Francesco Greco, Ciccio per gli amici, uno psicologo nella vita, che trasuda creatività, che incanalando il suo surplus di energia è riuscito a realizzare un mix incredibile di invenzione letteraria,
storia della musica, arrangiamenti musicali, esecuzione musicale...
viva le "sperimentazioni" se riescono a sortire effetti come quello del "prima della prima" di venerdì 27 giugno...
Ciccio Greco era lì ad alternare le note del pianoforte elettrico a quelle della tastiera, segnando il tempo e i ritmi che d'improvviso mutavano, seguito dal batterista Gianfranco Galetta, dal bassista
Sergio Toraldo, dal chitarrista Domenico Carbotti e imprimendo, con gli occhi, imput di attacco e di ripresa ad una bravissima e appena ventenne flautista, Francesca Galetta.
La voce di Adriano Calzolaro proveniva da una nicchia in alto alla sinistra rispetto al pubblico, una nicchia scavata nella roccia che termina, nella parte più alta con una finestrella. Di solito la nicchia accoglie degli enormi "capasoni". Venerdì era l'"angolo" illuminato della voce narrante, una voce forte, bassa, bella, dal timbro deciso che raccontava la "storia" di canzoni e musiche del ventennio 1928-1948...
Era il 1930 quando la musica fu catturata e incisa in dischi che giravano alla velocità di 78 giri al minuto...
Ogni parola, ogni racconto della voce narrante era sottolineata da arrangiamenti musicali di canzoni che ognuno dei presenti aveva sentito chissà quante volte, canticchiati da genitori, nonni e zii....
ascoltati dai vecchi 78 giri che circolavano in famiglia...
"Parlami d'amore Mariù...."
"Ba-ba-baciami piccina sulla bo-bo-bocca piccolina..."
La storia della musica era "raccontata" in maniera singolare... c'erano nomi e cognomi di grandi musicisti o potenziali tali, finiti miseramente alcolizzati, in coma, a firmare contratti ultraventennali in una fabbrica di Coca-Cola... storie di gente comune con la passione della musica nel sangue e il dolore della rinuncia...
storie inventate...
storie verosimili...
un bassista, un suonatore di sax...
storie di ordinaria straordinarietà, intervallate, sottolineate, rimarcate dalla maestria de' "Gli strimpellando muoio"... ritmi avvolgenti, storie coinvolgenti, genialità d'intreccio fra musica e parole...
(29 giugno 2008)
Francesco Greco, Ciccio per gli amici, uno psicologo nella vita, che trasuda creatività, che incanalando il suo surplus di energia è riuscito a realizzare un mix incredibile di invenzione letteraria,
storia della musica, arrangiamenti musicali, esecuzione musicale...
viva le "sperimentazioni" se riescono a sortire effetti come quello del "prima della prima" di venerdì 27 giugno...
Ciccio Greco era lì ad alternare le note del pianoforte elettrico a quelle della tastiera, segnando il tempo e i ritmi che d'improvviso mutavano, seguito dal batterista Gianfranco Galetta, dal bassista
Sergio Toraldo, dal chitarrista Domenico Carbotti e imprimendo, con gli occhi, imput di attacco e di ripresa ad una bravissima e appena ventenne flautista, Francesca Galetta.
La voce di Adriano Calzolaro proveniva da una nicchia in alto alla sinistra rispetto al pubblico, una nicchia scavata nella roccia che termina, nella parte più alta con una finestrella. Di solito la nicchia accoglie degli enormi "capasoni". Venerdì era l'"angolo" illuminato della voce narrante, una voce forte, bassa, bella, dal timbro deciso che raccontava la "storia" di canzoni e musiche del ventennio 1928-1948...
Era il 1930 quando la musica fu catturata e incisa in dischi che giravano alla velocità di 78 giri al minuto...
Ogni parola, ogni racconto della voce narrante era sottolineata da arrangiamenti musicali di canzoni che ognuno dei presenti aveva sentito chissà quante volte, canticchiati da genitori, nonni e zii....
ascoltati dai vecchi 78 giri che circolavano in famiglia...
"Parlami d'amore Mariù...."
"Ba-ba-baciami piccina sulla bo-bo-bocca piccolina..."
La storia della musica era "raccontata" in maniera singolare... c'erano nomi e cognomi di grandi musicisti o potenziali tali, finiti miseramente alcolizzati, in coma, a firmare contratti ultraventennali in una fabbrica di Coca-Cola... storie di gente comune con la passione della musica nel sangue e il dolore della rinuncia...
storie inventate...
storie verosimili...
un bassista, un suonatore di sax...
storie di ordinaria straordinarietà, intervallate, sottolineate, rimarcate dalla maestria de' "Gli strimpellando muoio"... ritmi avvolgenti, storie coinvolgenti, genialità d'intreccio fra musica e parole...
(29 giugno 2008)
Nato a Taranto
Spettacolo teatrale di e con Daniele Serra.
Un nuovo grande successo di un giovane tarantino trapiantato a Roma, come, ahimè, la maggior parte dei nostri concittadini migliori che, per trovare adeguato spazio e affermare la propria creatività, sono costretti ad emigrare.
L'importante è, però, che ritornino... almeno per farci apprezzare la loro arte e per farsi applaudire come è successo a Daniele Serra, sabato 21 giugno u.s. con il suo spettacolo NATO A TARANTO.
Un trentaduenne autore, attore, mimo... scoppiettante con il suo fuoco di fila di battute, descrizioni, deliri, ricordi, ricostruzioni puntualmente presentate ad un pubblico attento, alternando perfetto italiano al tarantino più strascicato, toni gravi a stridenti farsetti, mantenendo un ritmo così tanto serrato da rendere difficile agli spettatori inserire i propri applausi che alla fine dello spettacolo sono stati scroscianti, prolungati, sentiti, commossi.
Felice la scelta del musicista, Gabriele Tortorelli, un altro giovane, che ha sottolineato musicalmente tutti i passaggi veloci di Daniele, utilizzando tempi e ritmi in un sapiente altalenare di note allegre, tragiche, tragicomiche, burlesche (tema dominante e ricorrente "La gazza ladra" di Rossini).
Teatro dell'ipogeo al completo anche questa volta, presso il Centro Culturale Filonide, sulla "ringhiera" della Città Vecchia di Taranto. E della città vecchia di Taranto ha parlato a lungo Daniele Serra, elencando in un ritmo instancabile e incalzante pescatori e pescivendoli, cozzaruli e barcaroli, simulando ogni ritorno personale da Roma, nella sua Taranto, giocando seriosamente sulla fine dell'autostrada per Taranto a trenta chilometri dalla città, a Massafra dove ci sono "tre macchine, quattro case e DICIOTTO SEMAFORI...
Mordace la descrizione critica della nuova base navale in zona Chiapparo e della "scelta" della città come punto strategico per manovre non meglio identificate. Tenera la rievocazione di "Marc' Pol'" personaggio tarantino che ha caratterizzato la Storia della città per un cinquantennio e del quale, Daniele fa una puntigliosa ricostruzione storica, descrivendone tratti somatici e genesi lavorativa. Un lavoro bello, entusiasmante, scoppiettante, che, si auspica, possa ripetersi in futuro a beneficio di altri tarantini che questa volta non hanno avuto l'opportunità di goderne.
(24 giugno 2008)
Un nuovo grande successo di un giovane tarantino trapiantato a Roma, come, ahimè, la maggior parte dei nostri concittadini migliori che, per trovare adeguato spazio e affermare la propria creatività, sono costretti ad emigrare.
L'importante è, però, che ritornino... almeno per farci apprezzare la loro arte e per farsi applaudire come è successo a Daniele Serra, sabato 21 giugno u.s. con il suo spettacolo NATO A TARANTO.
Un trentaduenne autore, attore, mimo... scoppiettante con il suo fuoco di fila di battute, descrizioni, deliri, ricordi, ricostruzioni puntualmente presentate ad un pubblico attento, alternando perfetto italiano al tarantino più strascicato, toni gravi a stridenti farsetti, mantenendo un ritmo così tanto serrato da rendere difficile agli spettatori inserire i propri applausi che alla fine dello spettacolo sono stati scroscianti, prolungati, sentiti, commossi.
Felice la scelta del musicista, Gabriele Tortorelli, un altro giovane, che ha sottolineato musicalmente tutti i passaggi veloci di Daniele, utilizzando tempi e ritmi in un sapiente altalenare di note allegre, tragiche, tragicomiche, burlesche (tema dominante e ricorrente "La gazza ladra" di Rossini).
Teatro dell'ipogeo al completo anche questa volta, presso il Centro Culturale Filonide, sulla "ringhiera" della Città Vecchia di Taranto. E della città vecchia di Taranto ha parlato a lungo Daniele Serra, elencando in un ritmo instancabile e incalzante pescatori e pescivendoli, cozzaruli e barcaroli, simulando ogni ritorno personale da Roma, nella sua Taranto, giocando seriosamente sulla fine dell'autostrada per Taranto a trenta chilometri dalla città, a Massafra dove ci sono "tre macchine, quattro case e DICIOTTO SEMAFORI...
Mordace la descrizione critica della nuova base navale in zona Chiapparo e della "scelta" della città come punto strategico per manovre non meglio identificate. Tenera la rievocazione di "Marc' Pol'" personaggio tarantino che ha caratterizzato la Storia della città per un cinquantennio e del quale, Daniele fa una puntigliosa ricostruzione storica, descrivendone tratti somatici e genesi lavorativa. Un lavoro bello, entusiasmante, scoppiettante, che, si auspica, possa ripetersi in futuro a beneficio di altri tarantini che questa volta non hanno avuto l'opportunità di goderne.
(24 giugno 2008)